mercoledì 20 luglio 2016

3' tappa: Betanzos/Bruma (28 km)




Dormo poco, mi sveglio alle 4:45, sono un po' preoccupata per la tappa di oggi. Devo riuscire ad arrivare in tempo all'unico ostello presente alla prossima tappa; ci sono solo 22 posti e i successivi sono a 4/5 km da lì. Dopo averne fatti 29 non è piacevole proseguire per cercare un posto. 




È buio, ma sono ancora in città. I lampioni mi guidano. Non c'è un'anima manco a pagarla. Imbocco una strada che si restringe sempre di più, i lampioni non ci sono più. Sono obbligata a tirare fuori la torcia frontale, fortuna che l'ho portata! 




Buio totale. 
Sono un po' preoccupata. Non ho paura, ma questo buio mi inquieta un po'. 

La mia torcia non è molto potente, devo stare attenta a non sbagliare strada perché potrei perdermi. 
I rumori si amplificano, tutto mi sembra sinistro. Cammino e faccio finta di niente. In realtà mi chiedo: "ma che ci faccio in una stradina buia, in piena Galizia tutta sola a camminare?" In realtà adesso non so rispondere, sperando di non trovarmi più nel buio in aperta campagna. Percepisco che sto attraversando un bosco dall'odore che sprigionano gli eucalipti. Sento qualche uccello cantare, e da lontano un cane guaisce. Amo i boschi, ma di notte sono pieni di animali. Mi faccio coraggio. Prego perché non posso fare altro. 


Ad un certo punto davanti a me due occhi mi puntano come fanali illuminati dalla mia torcia. Che faccio? Che animale è? È fermo e mi avvicino sempre di più. Tengo stretta la racchetta in modo da difendermi semmai ce ne fosse bisogno. Poi sento correre, era un gatto, forse era più spaventato di me! 
Aumento il passo, sudo e il battito cardiaco si fa più veloce. 

Inizia ad albeggiare, riesco a vedere le fronde degli alberi, buon segno. 
Non può essere buio per sempre. Battuta da film! 
Mi viene in "The Blair Witch Project", meglio pensare ad altro, l'ambientazione è la stessa ma loro erano in 4! Rimuovo questo pensiero.



L'avevo messa in conto come tappa tosta, non potevo permettermi di partire più tardi. Purtroppo non ho fatto colazione. Ormai è ora di spegnere la torcia, finalmente. 

Oggi un fitto strato di nubi copre il sole, la temperatura è ideale per camminare, l'aria è molto fresca e piacevole. 



Sento che gli zuccheri stanno calando devo fermarmi. Ed ecco che leggo in lontananza un segnale che mi alletta.


Sono 400m oltre il percorso. Una strada opposta. 400 ad andare e 400 a tornare sono 800 m e fare metri in più è davvero fastidioso, ma il corpo ha bisogno di nutrirsi. 
Decido e cambio strada. 
Già immagino il pasto. 
E invece... 

Alle 8 è chiuso! 

Se un locale alle 8 della mattina è chiuso non si può chiamare bar, bensì ristorante. 
Mi siedo lo stesso di fuori e mangio un po' dei miei biscotti energetici in completo e totale silenzio. 
Devo aggiungere 800 m alla tappa di oggi. 


I piedi fanno male, inizio a zoppicare ma cerco di non pensarci. Ad ogni passo sento delle stilettate pazzesche.
In realtà l'essere umano si abitua al dolore. È incredibile. Cercherò di portare i miei pensieri altrove. 



Lei mi guarda e chissà cosa penserà... 
 

È fondamentale seguire la freccia perché in casi come questi qualche dubbio può venire. 


E poi... Ecco il primo bar vero dopo 13 km. Niente male. Mi ci fiondo e sorrido come una scema a tutti. 


Oggi è lunghissima, non passa più. Sono stanca. Ho un ritmo troppo veloce. I pochissimi pellegrini che ho incontrato li ho superati tutti, è la paura di rimanere senza letto che mi mette la benzina. 


Poi la telefonata di mamma che apparentemente sembra si sia rassegnata a questo tipo di mie esperienze, in realtà credo sia preoccupata. Lo capisco dal tono in cui mi dice: "Sei sempre sola?" 
Riesco a parlare con difficoltà, sto affrontando una salita e ho il fiatone. 
Capisce e mi dice di chiamarla quando ho trovato un letto. 
Chissà se anche in questo cammino assillerà mia cugina Roberta nel chiederle di leggere al telefono il mio blog! 




Oggi ho pensato spesso a Pina, mi leggeva quando camminavo, stavolta mi sta seguendo in altro modo... ❤️


Sono sofferente e spero di arrivare presto. Ogni curva che prendo spero di scorgere Bruma, ma pare sia ancora lontana, poi un segnale: 3 km, ancora 45 minuti, ormai cammino in punta di piedi. 


Arrivo al primo albergue vero, davanti a me, 6 ragazzotti spagnoli. 
Il letto è assicurato, sono strafelice e finalmente assaporo la famigliarità e il mood del vero cammino tra pellegrini! 
I letti sono 22 tutti in un unico stanzone. L'hospitalero mi prende per una chica e mi fa andare ai piani alti. Parla troppo veloce! 



Doccia rapida e di corsa nell'unico bar a sfamarmi. Poi cado in un sonno profondo. Mi alzo col dolore ai piedi, devo procedere con l'operazione alle vesciche. Le buco tutte, nei precedenti cammini questo compito era di Roberta, stavolta mi tocca... Ago e filo, lo lascio dentro, faccio uscire il liquido e...Betadine! 



Trascorro la serata parlando finalmente con due italiani: una coppia sarda, Marco ed Elisa. Ho talmente tanto bisogno di parlare che forse ho esagerato! 

Concludo la serata hablando con il mio amico Jorge, professore di filosofia di Madrid. 
Una gran testa, un po' mattarello, ma simpaticissimo pellegrino. 




1 commento:

  1. La tua utilissima narrazione di questa lunga tappa aiuterà senz'altro chi, da qui a poco, dovesse cimentarsi nella stessa impresa.Forza leonessa! Sin dolor no hay gloria e domani sarai già alla penultima tappa...hasta Santiagoooo

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